di Don Stefano Chiapasco *
Era il novembre del 2012 e sulla pista dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv un aereo della El Al (compagnia aerea israeliana) era in attesa di decollare. A bordo vi erano 180 passeggeri, più l’equipaggio. Improvvisamente, sulla pista di rullaggio, l’aereo si fermò e rimase immobile, con i motori accesi, per più di un quarto d’ora. Poi come se niente fosse l’aereo decollò con destinazione Milano.
A bordo di quell’aereo mi trovavo io insieme ad un gruppo di sacerdoti, che avevano partecipato ad un corso di esercizi spirituali a Gerusalemme e che avevo avuto la gioia di accompagnare nella visita della città santa.
Giunti a Milano, mentre stavamo ritirando i bagagli, vedemmo sugli schermi che trasmettevano un telegiornale, che l’aeroporto di Tel Aviv era stato bloccato a causa di un attacco missilistico proveniente da Gaza. Capimmo solo allora il perché della nostra sosta sulla pista di rullaggio dell’aeroporto israeliano.
Sono passati circa 10 anni, e anche una pandemia mondiale, eppure le cose non sembrano minimamente cambiate, anzi, per certi aspetti, sono peggiorate.
A conclusione del mese di Ramadan, sacro per il mondo mussulmano, sono iniziati violenti scontri nella città di Gerusalemme, che si sono propagati velocemente in molte città israeliane e hanno dato il via al lancio di missili dalla striscia di Gaza, innescando così un vero e proprio conflitto, che solo negli ultimi giorni è stato interrotto da una tregua che sembra molto instabile.
Il motivo, abbastanza banale, che avrebbe scatenato gli scontri, sarebbe stato il posizionamento di barriere in plexiglass per contenere la diffusione del virus fra i fedeli mussulmani diretti alla spianata delle moschee nei giorni conclusivi del Ramadan.
In realtà, proprio in quei giorni, la Corte Suprema israeliana avrebbe dovuto pronunciarsi circa lo sgombero di alcune famiglie palestinesi dalle loro abitazioni a Sheikh Jarrah.
La violenza, come sempre avviene nell’eterno conflitto Arabo-Israeliano, nasce da futili motivi, ed è alimentata da un odio profondamente radicato nel cuore delle opposte fazioni, che non riescono a percorrere cammini di riconciliazione. Questa volta, poi, gli scontri si sono propagati anche nelle città israeliane, come Haifa, Giaffa, e lod, dove Arabi Israeliani si sono scagliati contro i loro connazionali ebrei.
Un conflitto, quello tra palestinesi e israeliani, nato all’indomani del riconoscimento delle Nazioni Unite dello Stato di Israele e che non ha trovato ancora una soluzione definitiva a causa della presenza nelle due parti di schieramenti estremisti, che non sono disposti a giungere a compromessi.
I coloni israeliani da una parte e il gruppo di Hamas dall’altra, continuano a soffiare sul fuoco dell’incomprensione, generando inutili scontri armati, che finiscono per vedere cadere a terra vittime innocenti, da una parte e dall’altra.
A questo si aggiunga la irresponsabilità e l’inadeguatezza della diplomazia internazionale, incapace di trovare soluzioni praticabili per realizzare un autentico cammino di pace.
Basti pensare alla scellerata decisione del (fortunatamente) ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di spostare la sede dell’ambasciata USA a Gerusalemme, pochi mesi dopo la sua elezione alla Casa Bianca. Contravvenendo a tutti i protocolli internazionali, l’irresponsabile ex numero uno americano volle mostrare tutta la sua solidarietà al premier israeliano Benjamin Netanyahu, impegnato in una politica molto aggressiva nei confronti del popolo Palestinese, fatta per distogliere l’attenzione dai suoi guai giudiziari (presunta corruzione) e trovare consensi soprattutto all’interno delle frange estremistiche dell’elettorato israeliano.
Guardando a questa situazione così complessa ed intricata non si riesce a capire chi e che cosa potrà portare ad una soluzione definitiva.
Risuonano allora le parole del salmo 121 che chiedono pace per la città del Santo e pace per coloro che la abitano.
Salmo 122 (121)
1Canto delle salite. Di Davide
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
2Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!
3Gerusalemme è costruita
come città unita e compatta.
4È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d’Israele,
per lodare il nome del Signore.
5Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.
6Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
7sia pace nelle tue mura,
sicurezza nei tuoi palazzi.
8Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su te sia pace!».
9Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.
Quella del salmo 121 è una preghiera, ma anche un auspicio, cioè che tutte le persone di buona volontà, i politici in primis, possano coltivare nella loro coscienza sentimenti di pace, da trasferire poi nel concreto della vita.
Spesso sentiamo parlare di pace in modo molto retorico, ma credo che la pace non esista, bensì esistano solo uomini e donne pacifici, che con le loro scelte diventano capaci di creare condizioni di vita in cui gli esseri umani possano vivere in armonia fra di loro.
Solo così, allora, come ricorda il salmo citato, sarà possibile edificare Jerushalaim “come città salda e compatta”, perché solo così sarà possibile dar senso a quei pochi giorni che ci è dato di vivere prima di raggiungere la Gerusalemme celeste.