di Raffaella Rozzi *
Ho scelto questo titolo per dare concretezza a quello che potrebbe apparire come uno slogan per un volantino. Molti lo avranno letto, in questi anni, sulla locandina che presenta la proposta degli esercizi spirituali dell’Azione Cattolica. Per me sono momenti che danno fondamento alla vita e al servizio associativo, scandiscono il ritmo, mi permettono di fare il punto, di capire la direzione in cui sto andando, di discernere i prossimi passi da compiere, di fermarmi in ascolto, di fare tesoro della Parola, di lasciarmi condurre nelle Sue vie, di guardare le persone con il Suo sguardo, di vivere la preghiera con intensità e distensione per portarne i frammenti contagiosi nella ferialità.
Il viaggio di ritorno dall’esperienza degli esercizi è caratterizzato da un parlare fitto e da lunghi silenzi, sembra proprio che si voglia dare un nuovo passo al cammino della vita.
A casa, le questioni ordinarie non sono scomparse, ci attendono la cena da preparare, la lavatrice da caricare, i panni da ripiegare, i materiali delle lezioni da predisporre … con un altro passo.
Quale? Il passo che ha avuto Gesù nella sua esistenza a Nazareth dove ha vissuto le relazioni in famiglia, con i coetanei, con i più anziani. Rileggendo il racconto che l’evangelista Luca propone del pellegrinaggio a Gerusalemme, non fatico ad immedesimarmi nei genitori di un dodicenne, i quali sanno di aver cresciuto un ragazzo obbediente e responsabile, di cui potersi fidare e al quale accordano quella libertà di movimento nel contesto di un gruppo di parenti e amici. Soprattutto nelle parole di Maria, riportate misurate da Luca ma certamente cariche di preoccupazione, di premura, di angoscia per tutto ciò che la grande città avrebbe potuto riservare ad un adolescente, già quel bambino, che aveva portato in grembo, aveva allattato, aveva cresciuto con amorevole cura, ora prende i suoi spazi e afferma la sua relazione con il Padre. Dalle relazioni quotidiane ha imparato una relazione più grande che continuerà a vivere nelle giornate di Nazareth: la consapevolezza di essere figli amati ci rivela che siamo amabili e ritroviamo noi stessi.
In questa dinamica dell’amore, accogliamo il figlio di Dio, che ci dona il potere di diventare figli di Dio, come Giovanni ben descrive nel prologo del Vangelo, e, ancor di più, essere generati da Dio stesso: il verbo generare riporta i genitori, appunto, alla gioia più grande e profonda, quella di vedere il frutto del loro amore, noi che viviamo questo nella logica del donare quell’amore che abbiamo ricevuto dal nostro coniuge e insieme donato, diventa molto di più, non possiamo non riconoscere Dio Amore che trasforma le nostre vite, ogni giorno, nelle Nazareth che abitiamo come discepoli missionari.
L’economia del dono ci prende per mano e ci porta a seguire Gesù che sale a Gerusalemme. Le salite sono sempre faticose, soprattutto quando non mi sembra proprio il caso di partire adesso, non son pronta, ho troppi fardelli da portare, il mio zaino è eccessivamente pesante, non ho preso l’acqua, poi tutte queste pietre … forse ne ho anche nelle tasche. Nel frattempo ho intrapreso il cammino e lascio indietro tutte le rimostranze del caso, so che si ripresenteranno lungo la via, so che mi terranno compagnia. Già le pietre … le ho sempre considerate come qualcosa di solido, su cui costruire la casa, fondare la vita, è proprio della pietra rimanere, non si sposta di sua volontà, c’è sempre qualcuno che la modella, la leviga, la colloca, la cementa con le altre pietre, la riduce in frantumi perché possa divenire, unita all’acqua, legame per altre pietre.
La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo: sembra impossibile eppure è così nei giorni della Passione quando Gesù entra a Gerusalemme, viene gettato da una parte all’altra, cammina sulle pietre che lastricano le strade, sembra che siano altri a trascinare da un luogo all’altro quella pietra scartata, fino al Calvario. E rimane tre giorni sulla pietra e dietro la pietra che chiude il sepolcro. Ma da quella pietra nasce la vita il mattino di Pasqua e porta la gioia che fa dire a Maria Maddalena “Ho visto il Signore!”. Buona Pasqua di Resurrezione.
* presidente diocesano