Dare nuova vita ai tanti edifici dismessi per poter ricucire il tessuto ferito delle nostre aree urbane

Nov 3, 2020 | 0 commenti

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* di Giorgio Daccò

Anni fa circolava un dato: a Lodi c’erano circa ottocento unità abitative vuote. Un dato, oggi, aumentato. A fronte di una popolazione sostanzialmente stabile, non si è mai smesso di costruire nuovi edifici, con tutti i problemi che ciò comporta.

Ciò avviene in tutti i centri del nostro territorio. Perché si continuano a costruire nuovi edifici se la popolazione non aumenta e se non ce n’è bisogno?

Le motivazioni sono riconducibili ad un’unica logica: si privilegia il profitto e l’arricchimento di pochi privati cittadini, rispetto al bene comune della cittadinanza.

Pochi palazzinari o proprietari di terreni si arricchiscono, mentre tutti i costi per allestire i servizi per i nuovi quartieri che salgono come funghi sono a carico della collettività.

In tutto ciò hanno una grande responsabilità le amministrazioni. Spesso concedono permessi di costruire perché, con il bilancio in difficoltà, contano sugli oneri di urbanizzazione per poter mantenere i servizi essenziali alla popolazione o, peggio, per poter realizzare quelle opere, spesso inutili, per godere del consenso necessario ad essere rielette.

I risultati sono nefandi e purtroppo duraturi: il consumo di suolo agricolo, che nel Lodigiano sta galoppando, con gli effetti drammatici che si conoscono (soprattutto nell’inquinata pianura Padana); l’impoverimento progressivo delle relazioni sociali.

La costruzione, poi, di nuove strutture commerciali (che nel capoluogo vedranno un incremento notevole se non sarà scongiurato l’arrivo di un megastore in pieno centro) sta aggravando la piaga della chiusura dei piccoli negozi di vicinato, che farà sempre più perdere i contatti umani tra le persone, oltre a desertificare i centri abitati. Per non parlare della mutazione antropologica che vede l’uomo diventare un consumatore. Assistiamo ad un imbruttimento delle nostre città, con il sorgere di palazzine senz’anima, di parallelepipedi obbrobriosi, ed alla distruzione di strutture storiche, come sta avvenendo a Lodi.

Per fermare tutto ciò occorre un cambio di politica, soprattutto a livello locale. Bisogna spezzare la catena che lega la costruzione di nuovi edifici ad introiti (apparenti) per le casse delle municipalità; rendere, poi, conveniente riqualificare gli edifici già esistenti e sempre meno redditizio per i privati la distruzione di nuovo suolo. Privilegiare progetti utili per le comunità, che accrescano la qualità della vita sociale, impedendo invece il sorgere di nuove megastrutture, con continue regalie a pochi soggetti che ne traggono immensi profitti, senza benefici per le comunità.

I cristiani non possono stare a guardare: prendano parte ai movimenti di opinione e di azione concreta di massa. Non si può lasciare libertà alle singole giunte di turno di distruggere le nostre città ed il nostro futuro. 

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