* Suore del Carmelo San Giuseppe di Lodi
Impossibile sintetizzare in spazi ristretti le risonanze che “Fratelli tutti” ha suscitato in noi.
Nell’Enciclica si ritrovano mirabilmente evocati tutti i grandi temi del magistero precedente del Santo Padre, in una continuità che si sviluppa via via, ampliando gli orizzonti, chiarendosi e precisandosi, puntando più in alto e più avanti.
Occorrerebbe anche “ruminare” meglio il testo per assimilarlo in maniera più nutriente.
Ma a una prima lettura e cogliendo uno solo fra i tanti spunti che emergono, possiamo dire che la nostra attenzione è subito captata da un’espressione un po’ desueta nei documenti del Magistero: amicizia sociale. Balza subito all’occhio nel sottotitolo dell’Enciclica e viene ripresa qua e là molte volte con un’insistenza che segnala l’importanza attribuitale da Papa Francesco.
“Amicizia” è un termine caro al lessico teresiano, e ci fa subito sentire “a casa” nelle dimore di questo documento pontificio che potrebbe risultare in parte ostico in ambiente monastico.
Notiamo con soddisfazione che il tema dell’amicizia, declinato in ambito sociale, non solo non risulta fuori luogo, ma è come il leitmotiv che sostiene l’intero percorso, rispuntando spesso nel testo e plasmando via via la dottrina.
Il Santo Padre avrebbe potuto usare una terminologia più consueta, esprimendo il medesimo concetto con la parola “carità” o “amore”. E lo fa, infatti, con libertà nel corso dell’esposizione, per significare sostanzialmente la medesima realtà. Però introduce anche “amicizia”. E’ dunque evidente che intende sottolineare questa particolare modalità dell’amore. Non a caso addita all’attenzione di tutti aspetti come l’affetto, la tenerezza, la gentilezza, il prendersi cura dell’altro, la vicinanza, il dialogo, la reciprocità …, che sono propri dell’amore di amicizia. Fino ad affermare, con argomentazioni di grande levatura, che sarà l’amicizia sociale a guarire e rigenerare il mondo malato. Sostiene cioè che i valori propri della relazione amicale sono paradigmatici e fondanti per tutte le relazioni che, tra gli uomini, i gruppi, le popolazioni, vogliano essere costruttivi di una cultura nuova, di una vera civiltà dell’amore.
L’amicizia, col suo intrinseco dinamismo, può davvero costruire un mondo nuovo “perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti. (n° 183). L’amore è “una forza capace di suscitare nuove vie per affrontare i problemi del mondo d’oggi e per rinnovare profondamente dall’interno strutture, organizzazioni sociali, ordinamenti giuridici” (n° 183).
Nell’Enciclica emerge dunque un pensiero forte, di largo respiro e di alto spessore etico, culturale, sociale, antropologico e politico. E questo pensiero è per tutti, credenti e non credenti: basta che siano cittadini del mondo. A tutti il Papa segnala qual è la via per salvare l’umanità: l’amore di amicizia.
E’ nella struttura dell’io umano la necessità della comunicazione con un tu. “Siamo fatti per l’amore e c’è in ognuno di noi una specie di ‘estasi’: uscire da se stessi per trovare negli altri un accrescimento di essere (n° 88). Si passa dall’io al tu, al noi.
La nostra fede, poi, colma di motivazioni inaudite la prospettiva umana dell’amore. “Se andiamo alla fonte ultima, che è la vita intima di Dio, ci incontriamo con una comunità di Tre Persone, origine e modello perfetto di ogni vita in comune” (n° 86). La struttura relazionale dell’uomo non è che una pallida immagine della Trinità, fonte e paradigma di ogni fraternità umana.
Sin qui il pensiero alto e profondo del Papa. Questo pensiero ha suscitato in noi un’eco particolare, perché di amicizia S. Teresa parlava spesso: amicizia con Dio, amicizia tra le sorelle; legame forte tra le sorelle che ha radice e fondamento nell’unione intima e profonda con Dio Trinità.
Ogni gesto di amicizia è generatore di bene: è amore in atto e anche in potenza, perché è nella sua natura di diffondersi e di crescere. Perciò ogni atto di amicizia ha una ricaduta sul mondo e sulla storia: non vale solo in sé, ma anche per la sua intrinseca misteriosa fecondità, che è una forza in espansione capace di trasformare il mondo.
Un po’ come le giornate di una carmelitana: più saranno segnate da piccoli o grandi atti di amore di amicizia, più il loro profumo si effonderà, senza clausura di spazi e limiti di tempo, nel mistero che Dio solo conosce.
Sta qui il nucleo nascosto della nostra vocazione.