Imparare a concepire la comunità in modo nuovo, come luogo di relazioni fraterne, filiali e amicali

Dic 15, 2020 | 0 commenti

* di Ariela e Marco Pagani

[…] «la nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando “se l’è cercata”, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. […] Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c’è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! […]». (Enciclica Fratelli Tutti n°230).

Ancora oggi – nonostante secoli che ripetiamo la preghiera del Padre Nostro più o meno consapevolmente – dobbiamo comprendere e gustare la grande rivoluzione di Gesù Cristo che è venuto a rivelarci non solo che Dio è mio Padre (e non Essere Superiore da temere), ma anche è Padre di ciascun uomo che, conseguentemente, è anche mio fratello.

L’enciclica “Fratelli Tutti” non dedica particolare attenzione alla “famiglia in senso stretto”, ma richiama continuamente il concetto di “famiglia umana” come espressione massima della fratellanza che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

Con gli “occhiali della famiglia” dobbiamo, quindi, guardare e vivere le nostre comunità intese come insieme di persone che vivono lo stesso territorio oppure condividono gli stessi ambiti di vita in un concetto di comunità più fluida e dinamica. Questo momento assai particolare, nel quale l’inter-dipendenza globale manifestata dalla pandemia si confronta con #iorestoacasa, è da rendere propizio affinchè la Chiesa sappia ripensare e superare alcune rigidità per valorizzare la bellezza del proprio annuncio in un contesto universale e dinamico.

La vera rivoluzione del Vangelo consiste nella tensione continua di ciascuno di noi di sentirsi e far sentire a casa chi è interconnesso con noi.

La famiglia favorisce la simbiosi intergenerazionale (bambini, ragazzi, giovani, adulti, nonni) trovando per ognuno il miglior posto possibile per essere e sentirsi vivi in modo dinamico ed in continua evoluzione.

Ogni componente della famiglia, con i propri talenti e secondo le stagioni della vita, contribuisce dinamicamente e responsabilmente al bene comune. Questo progetto comune non annulla la bellezza e la diversità di ogni individuo, ma al contrario la promuove e la valorizza.

In famiglia ci si scontra, ma il legame forte che ci unisce consente di vivere intensamente la bellezza del perdono inteso non come “passiamo oltre all’errore che hai fatto”, ma come “amore profondo verso l’altro che supera il male subito” (chi più di una mamma o un papà può comprendere questo aspetto!)

In altre parole, in famiglia le gioie e i dolori di ciascuno sono vissuti intensamente insieme e non lasciano indifferenti!

Se sostituissimo la parola “famiglia” con “comunità” nelle precedenti affermazioni avremmo il manifesto di una bellissima realtà in cui sarebbe bello vivere in tutte le stagioni della nostra vita.

Maggiormente allarghiamo i confini di questa “comunità” (quartiere, parrocchia, città, regione, stato, umanità) e più facilmente potremmo cogliere la gioia piena che deriva dal sentirsi universalmente “tutti fratelli”. Questa continua tensione, tra il nostro io-particolare e la forte interconnessione con l’umanità intera che il nostro tempo ci fa gustare, è un modo per percepire la dimensione straordinaria di un Padre che sa amare in modo specifico l’umanità intera composta da tanti fratelli.

L’impegno delle nostre comunità deve, quindi, essere quello di consentire a tutti di poter assaporare sin da piccoli “l’alfabeto della famiglia” (intergenerazionalità, bene comune, perdono, con-divisione delle gioie e dei dolori) e di utilizzare gli “occhiali della famiglia” per guardare continuamente i nostri fratelli in modo amorevole.

Pensiamo a nostri “social” luoghi di sfogo riempiti da commenti pieni di rabbia, rancore, cattiveria grazie anche al fatto che questi strumenti non comportano un confronto diretto e più di tanto argomentato. In famiglia questo non è possibile! Avremmo mai il coraggio di esprimere lo stesso concetto e nello stesso modo se la persona a cui è indirizzato fosse in casa nostra? Come sarebbero utili gli occhiali della famiglia!

La famiglia diventa l’embrione di una umanità migliore e, pertanto, deve essere custodita ed accudita soprattutto nei suoi componenti più fragile ed indifesi (posizione nella quale tutti nella vita ci troviamo più volte!) che devono essere protetti ed aiutati a volare con le proprie ali. La famiglia ha bisogno di una cura continua che necessita di tempo, educazione, regole, pazienza, equilibrio, dono di sé e … che scaturisce in una forza generatrice che probabilmente è il termometro dello stato di salute della nostra famiglia.

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