In preparazione alla Giornata Mondiale per la Pace 2017

Dic 21, 2016 | 0 commenti

Alcune note in preparazione alla Giornata Mondiale per la Pace 2017

Finalmente la non-violenza

di Michele Pace* – «La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione!». Era il 13 settembre 2013 quando Papa Francesco, visitando il Sacrario Militare di Redipuglia nel Centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, con queste parole scandiva la sua personale condanna verso ogni forma di conflitto armato. Una denuncia ferma e coraggiosa con cui Bergoglio si pose da subito nel solco dei suoi predecessori che avevano già reagito con grande determinazione di fronte alla guerra. Come non ricordare infatti quell’«inutile strage» con cui Benedetto XV apostrofò il primo conflitto mondiale; come non sottolineare la stretta somiglianza tra le parole dell’attuale pontefice e le parole profetiche di Giovanni XXIII nella Pacem in Terris in cui dichiarava la guerra “alienum a ratione”. A Redipuglia Francesco unisce gesto e parola per proclamare quello che sarà uno dei temi più ricorrenti del suo pontificato: la pace. Da quel giorno il vescovo di Roma non perderà occasione per invitare a pregare e digiunare per la pace, riprendendo tra l’altro una pratica (quella del digiuno) da sempre adoperata nella Chiesa per implorare questo dono da Dio. Il tema della pace, cosa troppo spesso dimenticata, entrerà anche in quello che da molti è ritenuto il documento programmatico del pontificato di Bergoglio, ovvero l’Evangelii Gaudium. Scrive il papa argentino: «La Chiesa proclama il vangelo della pace ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande» (EG 239). Nei primi tre messaggi per la della Giornata Mondiale della Pace, poi, Francesco parlerà di pace dandole il volto concreto della fraternità, un volto spesso lacerato dalla schiavitù e dall’indifferenza.

Con «La non violenza: stile di una politica per la pace», tema del messaggio per la prossima Giornata Mondiale della Pace (1 gennaio 2017), cinquantesima dalla sua istituzione, Francesco ha scelto di dare alla Pace un’impronta ancora più radicale. La scelta infatti di centrare il suo discorso sulla non-violenza ci porta al cuore stesso dell’annuncio evangelico. Non è difficile riconoscere il legame tra le intenzioni di Francesco e il famoso Discorso della Montagna dove troviamo una enunciazione importante: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra» (Mt 5, 38-39). Benedetto XVI commentando questo versetto di Matteo, durante l’Angelus del 18 febbraio 2007, affermava: «La non-violenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. Ecco la novità del Vangelo, che cambia il mondo senza far rumore. Ecco l’eroismo dei ‘piccoli’, che credono nell’amore di Dio e lo diffondono anche a costo della vita».

Ma cosa si intende per non-violenza? La non-violenza è un precetto morale contenuto in molte concezioni religiose ed etiche sin dall’antichità che comanda il rifiuto totale di qualsiasi atto che possa portare danno o dolore agli altri. Questo non significa evidentemente l’eliminazione del conflitto, esso infatti appartiene alla natura stessa dei processi sociali; ma – come scriveva L. Del Vasto nel suo testo Che cos’è la non violenza – essa si configura come una quinta via alternativa alla neutralità, alla “baruffa”, alla fuga e alla capitolazione nella risoluzione dei conflitti stessi. Le prime tracce di questo concetto le troviamo nel brahmanesimo più antico (VI-V secolo a.C.) diventando di conseguenza uno degli elementi più importanti del buddismo e del jainismo. Ma dal punto di vista politico e culturale i movimenti non-violenti e lo stesso dibattito sulla non- violenza sono fenomeni che hanno cominciato ad avere rilievo soltanto a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Questi fenomeni nascono nell’alveo di correnti religiose e filosofiche diverse. Non possiamo non citare, ad esempio, le tante figure che hanno offerto un contributo di pensiero e di azione a questo grande tema. Tra questi ricordiamo lo scrittore russo L. Tolstoj, il grande profeta della non-violenza M. K.

Gandhi, il leader della lotta per i diritti degli afro-americani M.L. King e infine N. Mandela, leader del movimento anti apartheid in Sud Africa. Nel contesto italiano di grande importanza sono stati i contributi del già citato L. Del Vasto, di A. Capitini, Giorgio La Pira, L. Milani, D. Dolci. Di grande interesse è anche il contributo del movimentismo cristiano che nasce nell’alveo di alcune Chiese storicamente non-violente (quaccheri e mennoniti), ma anche per iniziativa di alcune Chiese riformate e dei cattolici. Tanti infatti sono stati i movimenti internazionali e locali che si sono sforzati di portare avanti la causa della non-violenza, tra questi ricordiamo l’International Fellowship of Reconciliation (IFOR) e le italiane Pax Christi e Beati i costruttori di pace. Una storia tutt’altro che marginale.

Tuttavia il tema della non-violenza non è mai entrato pienamente nel magistero della Chiesa cattolica. Si parla di non-violenza in maniera esplicita soltanto in due documenti ufficiali. Da una parte abbiamo il documento dell’episcopato cattolico degli Stati Uniti pubblicato del 1993 dal titolo The harvest of justice is sown in peace. In esso i vescovi statunitensi ricordano, tra le altre cose, alcuni mezzi concreti per impostare un’azione non-violenta come «il dialogo, i negoziati, proteste, scioperi, boicottaggi, disobbedienza civile e resistenza civile». Dall’altro un accenno abbastanza veloce lo troviamo anche nel Catechismo degli adulti della Conferenza Episcopale Italiana del 1995, in particolare esso afferma che «il precetto della non-violenza proibisce la vendetta per il male subìto» ma precisa anche che questo «non riguarda la legittima difesa, rivolta a impedire che il male venga commesso».

Evidentemente i tempi sono maturi affinché il discorso sulla non-violenza possa essere rimesso al centro del grande dibattito sulla pace all’interno della Dottrina Sociale della Chiesa. Troppe resistenze e probabilmente troppo poco slancio ne ha ritardato il recupero. Grazie a Papa Francesco la Chiesa sarà chiamata a una ulteriore conversione (cambiamento di mentalità) anche su un tema delicato come quello della pace, soprattutto in un contesto come il nostro in cui fenomeni come il terrorismo su scala internazionale, i conflitti globali e le violenze domestiche, rischiano di far sentire gli uomini e le donne contemporanei costantemente in pericolo.

Di fronte a questo ci sentiamo di condividere le conclusioni del grande teologo B. Häring, il quale già nel 1987 nel suo testo La forza terapeutica della non-violenza affermava: «Quanto il Vaticano II ha eloquentemente detto sulla responsabilità dei laici e sulla loro attività sanante nel mondo vale in maniera particolare per il loro compito di pace. Essi stanno in prima linea. Molti di essi portano dirette responsabilità. Molti posseggono nelle scienze umane, nelle scienze sociali e nella politica una competenza, che è possibile solo a pochi membri del clero. […] Non esageriamo se affermiamo che numerosi laici cristiani stanno in prima fila negli studi sulla pace, specialmente per quel che riguarda l’adozione delle nuove armi della difesa non-violenta, e negli studi necessari per l’educazione alla pace».

*Assistente ecclesiastico nazionale del Movimento Studenti di Azione Cattolica (Msac) e del Movimento di

Impegno Educativo di Azione Cattolica (Mieac). È componente del Centro studi Ac.

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