* di Raffaella Rozzi
In queste giornate di inizio marzo, con una luce tersa che illumina le aule della scuola, siamo rimasti pochi in classe. Dalle finestre aperte entra un’aria frizzante, che induce a guardare fuori ma in cortile non ci sono gli studenti che aspettano il turno per entrare. I miei studenti aspettano che compaia il link nell’intestazione di classroom per iniziare la giornata: sono proprio io a dar loro il buongiorno, dato che i genitori sono usciti per il lavoro mentre loro stavano ancora dormendo. Ho proprio la percezione di essere l’unico adulto nella loro casa, quindi sono maggiormente attenta a coinvolgerli nella discussione, perché non si lascino distrarre da altro. Ad inizio settimana, abbiamo dedicato alcune lezioni alla giornata internazionale della donna, al di là del sentito dire, ma cercandone l’origine, tra immagini in bianco e nero, il motivo della mimosa, figure di donne significative per ieri e per oggi, spronando le ragazze ad essere protagoniste del presente e del futuro. Ogni anno, e soprattutto in quest’anno, dedico tempo a ciò perché è necessario che le giovani generazioni conoscano come si è arrivati ad affermare diritti uguali per tutti, al fine di evitare che tali diritti siano considerati qualcosa del passato, scontati, privi di valore, oggi. Gli studenti mi hanno fatto notare che la scuola è un ambito in cui si realizzano le pari opportunità, tra ragazzi e ragazze, ma non è così nel mondo del lavoro, meglio nello sport, anzi le squadre femminili nazionali hanno raggiunto importanti traguardi. Le dichiarazioni sembrano farmi credere che loro, i miei ragazzi, siano migliori di quelli del passato. Una studentessa mi riporta all’attività didattica chiedendo cosa ci fosse da studiare per il giorno seguente. Storia, ovviamente. Poi domanda: “cosa hanno fatto le donne, durante la Grande Guerra, quando padri, mariti, fratelli erano in trincea?”, rispondo che le donne hanno preso il posto degli uomini e … mi fermo, deve essere una ragazza a leggere e scoprire quanto chiesto, quindi affido proprio a lei il compito di scoprirlo e di raccontarlo alla classe la prossima settimana. Sembra contenta di approfondire qualcosa che la riguarda, sì, da lontano, in fondo un secolo fa, ma sempre di bambine e ragazze si tratta.
A me viene in mente Armida Barelli, la quale proprio alla fine della Grande Guerra, viene nominata da Papa Benedetto XV presidente della Gioventù femminile. Armida inizia a viaggiare
per l’Italia del primo dopoguerra, si dedica ad incontrare vescovi e parroci, perché le giovani si incontrino, annuncino e vivano il Vangelo insieme: un’attenzione concreta e profetica per le donne, che trovarono un luogo in cui esprimere la propria originale creatività, imparando ad essere se stesse, in un legame di sorellanza, che oggi ha molto da insegnare. Di strada ne hanno dovuta fare le donne dell’Azione Cattolica per vedere riuniti giovani, uomini e donne in una sola associazione, in cui i responsabili associativi dei settori sono due, un uomo e una donna. Oggi
questo ci sembra una semplice norma dello Statuto, in verità racconta una storia lunga un secolo e più, una storia di condivisione, corresponsabilità, intergenerazionalità, riconosciuta nella normativa.
Le statistiche, pubblicate nei giorni scorsi, hanno riportato i dati di un anno di pandemia: emergono soprattutto i dati che riguardano le donne, tutti negativi, in particolare per la perdita del lavoro e la violenza. Certo le donne sono state protagoniste, tenaci e coraggiose, soprattutto nei mesi difficili del lockdown, ciascuna al proprio posto, ciascuna pronta a guardare oltre, ciascuna impegnata a risolvere i problemi altrui, piuttosto che guardare i propri. Oggi è necessario riannodare i fili spezzati, intrecciare trama e ordito perché il tessuto delle relazioni sia il primo passo di futuro, di un futuro in cui donne sorelle di uomini fratelli possiamo camminare insieme e fare nostro l’annuncio di Maria Maddalena “Il Signore è risorto!”. Buona continuazione del cammino di Quaresima verso la Pasqua di Resurrezione.