Monsignor Paolo Braida ci guida attraverso la lettura delle parole che Papa Francesco ha affidato al mondo

Dic 4, 2020 | 0 commenti

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* di Mons. Paolo Braida, Capo Ufficio della Segreteria di Stato Vaticana

Cari amici di “Dialogo”, vi scrivo dall’ufficio in Vaticano, dove mi trovo da 29 anni a lavorare per il Papa, prima San Giovanni Paolo II, poi Benedetto XVI e adesso Francesco. Da quando

ho lasciato Lodi ho sempre ricevuto l’inserto dell’Ac nel “Cittadino”. Grazie! Adesso vi dico qualcosa sull’Enciclica Fratelli tutti. Partiamo dalla fine. Il Papa ha voluto firmar- la sulla tomba di San Francesco, per eviden- ziarne l’ispirazione francescana. In effetti, Fratelli tutti forma un dittico con Laudato si’, datata 24 maggio 2015. Poiché l’Enciclica è il documento più alto del magistero ponti- ficio, possiamo ben dire che – ad oggi – queste due Encicliche sono i due pilastri della “scuola” di Papa Francesco: LS «sulla cura della casa comune», e FT «sulla fraternità e l’amicizia sociale». Così la scelta di chiamarsi Francesco ha trovato espressione coerente anche a questo livello magisteria le.

E ora saltiamo all’inizio. Ai primi di luglio scorso, il Papa ci ha dato il testo della nuova Enciclica perché la traducessimo nelle varie lingue. Lo ha dato in spagnolo, anzi, come dice lui, “in spagnolo latinoamericano”. Questo della lingua non è un elemento acci- dentale, un involucro; fa parte del messag- gio: porta con sé la cultura e la civiltà di cui questo Papa – come ogni Papa e ogni auto- re – è figlio e interprete, e che come un grande fiume va ad arricchire l’oceano della Chiesa universale.

Quando ha consegnato il testo, il Papa ha spiegato che in questa Enciclica ha voluto raccogliere e organizzare tanti suoi inter- venti sul tema della fraternità (cfr FT, 5). Ha impostato il lavoro, poi ha chiesto il contributo di alcuni esperti, e infine ha riveduto e completato l’insieme. Lo ha fatto tenendo ben chiaro un criterio fondamentale: la fra- ternità di cui parla l’Enciclica è quella del Vangelo, e come tale non può essere né il vincolo tra i membri di una setta più o meno segreta, né una vaga e generica affinità tra gli esseri umani. È quella che lega tutti i figli e le figlie del Padre celeste, al di là di ogni separazione di nazionalità, cultura, condi- zione sociale e religione. Gesù Cristo l’ha rivelata in pienezza e l’ha redenta sulla Croce. Ma Fratelli tutti non si propone di riassu- mere la dottrina sull’amore fraterno; si sofferma piuttosto sulla sua dimensione universale, sulla sua apertura a tutti (cfr FT, 6). Fratelli tutti è un’Enciclica sociale, viene ad arricchire la dottrina sociale della Chiesa. Propone il perenne messaggio evangelico della fraternità al mondo di oggi, nell’orizzonte del Concilio Vaticano II e del magistero pontificio successivo, senza paura di attraversare terreni insidiosi, come quelli della

politica e dell’economia. Ma perché Papa Francesco ha voluto “correre il rischio” di affrontare questa tematica addirittura con un’Enciclica? Lo ha fatto per lo stesso moti- vo per cui ha scritto la Laudato si’, cioè la consapevolezza che la fraternità, come e insieme all’ecologia integrale, è la sola via che può assicurare all’umanità un futuro di sviluppo e di pace. Una consapevolezza rafforzata dalla riflessione sulla pandemia in corso.

Nel I capitolo il Papa mostra «le ombre di un mondo chiuso»: la cultura dello scarto; una globalizzazione senza solidarietà; il disprezzo della dignità dell’altro diverso o immigrato; una comunicazione ingannevole e aggressiva; la colonizzazione economica e ideologica. Nel III capitolo chiama a «pensare e generare un mondo aperto», basato sul- l’amore che accoglie, include, promuove. In mezzo, nel II capitolo, pone la parabola del buon Samaritano, cioè la scelta responsabi- le e scomoda della fraternità che spinge a farsi prossimo al fratello bisognoso, superando l’estraneità e il pregiudizio. I cinque capitoli successivi mostrano come la frater- nità può orientare l’impegno in alcuni grandi ambiti: le migrazioni e la globalizzazione (IV); la politica (V); il dialogo sociale e la cultura (VI); la pace e il superamento dei conflitti (VII); le religioni (VIII). Al termine, due pre- ghiere: una per tutti i credenti, l’altra per i cristiani, a sigillare la tenace volontà di dialogo e il radicamento in Gesù Cristo, presente «in ogni essere umano», «crocifisso nelle angosce degli abbandonati» e «risorto in ogni fratello che si rialza in piedi».

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