I laici sono chiamati a evangelizzare» in quanto credenti che «vivono nel mondo»: «discepoli-missionari» che «sperimentano e testimoniano la loro fede dentro e attraverso le diverse e concrete dimensioni dell’esistenza umana, nei suoi contorni familiari, sociali, politici, lavorativi, culturali». Parte da questa premessa Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana e membro del Segretariato del Forum internazionale Ac, intervenendo alla tavola rotonda “Come responsabilizzare i fedeli laici nell’evangelizzazione oggi”, nell’ultimo giorno dell’incontro internazionale “Promozione e formazione dei fedeli laici: buone pratiche” (26-28 settembre) promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Tra gli ambiti di testimonianza e impegno dell’Ac il servizio della carità. «In ogni Paese, l’Azione cattolica collabora ordinariamente con la Caritas, a tutti i livelli: promuovendo con essa specifiche iniziative, aderendo a campagne che essa realizza, incoraggiando e formando i propri aderenti a impegnarsi nel volontariato». Quindi la politica con la P maiuscola: l’Ac offre «un contributo significativo alla responsabilizzazione e valorizzazione dei laici» attraverso la cura di percorsi mirati a formare credenti consapevoli delle proprie responsabilità di cittadini, poi attraverso l’accompagnamento di quanti decidono di dedicarsi in maniera diretta all’azione politica, infine attraverso un’azione direttamente politica, «con cui l’associazione, pur restando nei confini di un impegno che non può essere di partito, riesce comunque a incidere sulla realtà». Ulteriore ambito quello dell’impegno educativo e culturale. L’impegno evangelizzatore, chiosa Truffelli, «passa attraverso un’unione profonda tra fede e vita» ma laici capaci di vivere queste corresponsabilità non «spuntano dal nulla»: vanno «formati, fatti crescere e sostenuti». Per questo l’associazione ha scelto la via della formazione permanente che accompagna «ogni stagione della vita».
Di seguito, il testo dell’intervento del Presidente Matteo Truffelli
Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita
Incontro internazionale Promozione e formazione dei fedeli laici: buone pratiche
Roma, 26-28 settembre 2018
Tavola Rotonda
«Come responsabilizzare i fedeli laici nell’evangelizzazione oggi»
1. Una premessa per chi non conosce l’esperienza dell’Azione Cattolica. Si tratta di un’associazione di laici, sorta in Italia 150 anni fa e poi diffusasi in molti altri Paesi, che ha come propria finalità quella di concorrere alla missione evangelizzatrice della Chiesa. Non sotto un solo profilo, ma in ogni suo aspetto e dimensione. Anche per questo risulta difficile raccontare in maniera sintetica le attività dell’associazione – tanto più in un quadro internazionale – perché esse possono essere molte e differenti, variando a seconda del contesto culturale, sociale e, soprattutto, a seconda del cammino di ciascuna Chiesa, dentro il quale e per il quale l’AC vive e svolge le proprie attività. Perché da sempre, ma con il Concilio Vaticano II in maniera ancor più consapevole, l’Azione Cattolica ha fatto la scelta di mettersi a servizio della Chiesa particolare in cui si radica: quella nazionale e, soprattutto, quella diocesana. L’AC assume infatti la diocesanità come propria specifica dimensione (come proprio «carisma», ci ha detto Papa Francesco quando lo abbiamo incontrato in Piazza San Pietro nell’aprile del 2017), e proprio per questo realizza le proprie attività soprattutto in parrocchia, articolazione fondamentale della diocesi. Avere una forte caratterizzazione diocesana le consente di aiutare le parrocchie in cui è presente a camminare con lo stesso passo e nella stessa direzione della diocesi, superando ogni tentazione di autoreferenzialità, e al contempo aiuta la Chiesa diocesana a condividere il respiro, a volte affaticato, delle parrocchie.
In AC sono i laici, e solo i laici, ad essere responsabili di ogni scelta e di ogni decisione. Allo stesso tempo, le diverse AC del mondo sono accompagnate da presbiteri assistenti che non si scelgono da sole, ma sono nominati dall’autorità ecclesiale, ai diversi livelli: parrocchiale, diocesano, nazionale. Anche questo è un modo per coltivare il senso della sinodalità, lo stile di una condivisione responsabile e fraterna tra laici e presbiteri, di una solida fedeltà ai pastori e di una reale partecipazione alle scelte della Chiesa locale.
2. Venendo al nostro tema specifico, ossia la promozione e la formazione dei laici nella missione apostolica della Chiesa, credo occorra partire da una riflessione introduttiva: è importate prendere le mosse dalla consapevolezza che i laici sono chiamati a evangelizzare innanzitutto e prioritariamente in quanto credenti che “vivono nel mondo”: «discepoli-missionari» che sperimentano e testimoniano la loro fede dentro e attraverso le diverse e concrete dimensioni dell’esistenza umana, nei suoi contorni familiari, sociali, lavorativi, culturali, ecc. È questa, mi pare, la prospettiva indicata dal Concilio e ribadita con forza anche da Papa Francesco in Evangelii gaudium e, in modo particolarmente puntale, nella Lettera al Cardinale Ouellet.
Da questo primo elemento di riflessione ricaviamo innanzitutto la sottolineatura della necessità che la comunità cristiana tutta sostenga questa responsabilità, per la quale ciascun laico è chiamato a vivere e testimoniare la fede attraverso la propria vita. In questo senso è senza dubbio possibile individuare alcuni ambiti particolarmente significativi e importanti in cui la missione evangelizzatrice dei laici è chiamata a dispiegarsi. Quando papa Francesco ha incontrato l’AC, ad esempio, ne ha indicati quattro: «cari soci di Azione Cattolica», ha detto il Santo Padre quel giorno, «come è accaduto in questi centocinquanta anni, sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico […] attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale».
3. Vorrei allora partire proprio da questi ambiti per portare ad esempio alcune esperienza che fanno parte della vita ordinaria di una realtà come l’Azione Cattolica, nelle sue differenti espressioni nazionali.
3.1. Penso ad esempio al primo ambito di testimonianza indicato da papa Francesco, quello del servizio della carità. In ogni Paese, l’Azione Cattolica collabora ordinariamente con la Caritas, a tutti i livelli: nazionale, diocesano, parrocchiale. Promuovendo specifiche iniziative, aderendo a campagne, incoraggiando e formando i propri aderenti a impegnarsi nella Caritas locale e, più in generale, nel volontariato. É così non solo in Italia, ma anche altrove: ad esempio l’AC argentina, quella albanese e quella colombiana promuovono specifiche iniziative in occasione della giornata per i poveri, rispondendo all’appello di Papa Francesco. Oltre che con la Caritas, inoltre, sono molte le occasioni di collaborazione cui l’AC da vita in questo campo. L’attenzione a lavorare insieme con altre realtà costituisce infatti una caratteristica che accomuna le diverse AC del mondo, e non rappresenta solo una scelta di metodo, ma anche di sostanza. Ovunque, infatti, l’AC cerca di lavorare “insieme con”, partecipando a reti di associazioni e istituzioni, creando o favorendo “alleanze” tra più soggetti, nella Chiesa e nella società. Penso ad esempio all’impegno dell’AC del Guatemala dopo l’eruzione del vulcano Fuego, ma anche alla piccola associazione parrocchiale di Lampedusa, i cui aderenti sono impegnati insieme a un forum di associazioni laiche e interconfessionali nell’accoglienza quotidiana dei migranti. E così tantissime altre associazioni dell’Italia meridionale.
3.2. Ancora più specifica e peculiare della vita dei credenti laici è la testimonianza al Vangelo che essi sono tenuti a portare attraverso il proprio impegno per quella che Papa Francesco chiama «Politica con la maiuscola».
Una realtà di laici associati come l’Azione Cattolica può offrire da questo punto di vista un contributo significativo alla responsabilizzazione e valorizzazione dei laici. Attraverso la cura di percorsi mirati a formare credenti consapevoli delle proprie responsabilità di cittadini e poi attraverso l’accompagnamento e il sostegno di quanti decidono di dedicarsi in maniera diretta all’azione politica (ma anche a quella economica culturale ecc.), che non devono essere lasciati soli dalla comunità ecclesiale. Vanno invece accompagnati, sostenuti, formati, custoditi dal punto di vista spirituale, per aiutarli a non perdere la misura delle cose e a ricordare sempre le motivazioni originarie del proprio impegno.
C’è poi un altro piano d’azione, più diretto, che può essere fatto proprio da un’associazione come l’AC, per incidere sulla realtà pur restando nei confini di un impegno non di partito. Penso ad esempio al fatto che da alcuni anni il Fiac promuove attraverso tutte le AC del mondo iniziative di sensibilizzazione contro la tratta di persone, sostenendo la giornata dell’8 febbraio, oppure al fatto che molte associazioni, tra cui quella argentina, portano avanti campagne sull’importanza di esercitare il diritto di voto. Ma ho in mente soprattutto le tantissime iniziative che grazie al radicamento parrocchiale e diocesano dell’associazione vengono portate avanti a livello locale per intervenire su specifiche questioni presenti nei diversi territori: questioni di carattere ambientale, sociale, economico, che a livello territoriale è possibile toccare direttamente con mano, conoscere, e perciò anche provare a cambiare. Pensiamo ai tanti temi della Laudato si’, al cambiamento degli stili di vita, alla custodia del creato, all’accoglienza dei migranti, alla promozione di esperienze di dialogo interculturale o interreligioso…
È soprattutto in Africa che l’AC fa della partecipazione alla vita politica un proprio specifico obiettivo. In un Paese tormentato dalla violenza come il Burundi, ad esempio, i Movimenti di Azione Cattolica coinvolgono tutta la popolazione in marce della pace, facendo di esse una prima forma di impegno capace di coinvolgere le persone. In Senegal i giovani stanno vivendo un progetto che vede impegnati più di 200 persone, che alla luce di “Laudato si’” e degli obiettivi per il Millennio hanno realizzato un’inchiesta sulla realtà del degrado ambientale e oggi si spendono per sensibilizzare gli abitanti della periferia di Dakar, per favorire un cambio di mentalità.
3.3. Accanto alla passione per il Bene comune, poi, ci sono la passione educativa e l’attenzione alla dimensione culturale, altri due ambiti di impegno ricordati dal Papa nel discorso citato all’inizio del mio intervento. Si tratta di ambiti di impegno tradizionalmente collocati al cuore del servizio ecclesiale di una realtà come l’Azione Cattolica, le cui attività sono in gran parte indirizzate alla cura educativa dei piccoli, dei giovani e degli adulti attraverso itinerari formativi vissuti nelle parrocchie. Un impegno che però non esaurisce il contributo che una realtà come l’AC può portare in questo campo. Penso ad esempio all’Albania, dove da più di vent’anni l’AC sostiene corsi di aggiornamento per insegnanti delle scuole cattoliche (a cui possono partecipare anche insegnanti della scuola pubblica), e dove ogni estate si recano gruppi parrocchiali e diocesani dell’AC italiana, per momenti di scambio e gemellaggio con la Chiesa albanese. Oppure a Malta, dove i giovani di AC aprono uno “youth cafè” per momenti informali di incontro con giovani dell’isola e per giovani turisti. O ancora all’amicizia con Sarajevo, nata in occasione della terribile guerra nei Balcani, che ancora oggi vede impegnata l’AC in un progetto di sostegno alle locali scuole inter-etniche per la pace.
4. Servizio caritativo e impegno politico, educativo, culturale: tutti questi ambiti ci ridanno il senso di un impegno evangelizzatore che passa attraverso un’unione profonda tra fede e vita, che si traduce in testimonianza personale nella quotidianità e in azione comune attraverso l’associazione. Una responsabilità che spetta a ogni membro del popolo di Dio: l’Azione cattolica è nata 150 anni fa proprio dalla convinzione che questa responsabilità riguardi davvero tutti i membri del Popolo di Dio, non solo alcuni tra essi, i più preparati, i più acculturati, i più formati. Tutti, come ha sottolineato Francesco quando ci ha incontrati ad aprile 2017: «uomini e donne di ogni età e condizione», adulti e giovani, ragazzi e bambini, «indipendentemente dalla posizione sociale, dalla preparazione culturale, dal luogo di provenienza». Ogni credente incarna, là dove vive quotidianamente, la Chiesa.
Non si tratta, perciò, di una responsabilità individuale, che ci riguarda singolarmente, “ciascun per sé”, ma ci coinvolge come comunità, come popolo di Dio che cammina insieme: si tratta di una responsabilità che non può che essere una corresponsabilità, una responsabilità condivisa, portata avanti insieme. Mi pare allora decisivo, discutendo di come formare e valorizzare la responsabilità dei laici nella missione evangelizzatrice della Chiesa, insistere sulla dimensione della corresponsabilità.
Nella Chiesa di oggi questo significa anche, per una realtà come l’Azione Cattolica, formare e accompagnare laici che si sentano chiamati a vivere uno stile autenticamente sinodale, capace di valorizzare le diverse competenze, esperienze, sensibilità. Formare e accompagnare laici che desiderano assumersi la responsabilità di partecipare in maniera fattiva e concreta ai processi di discernimento pastorale: processi a cui i laici possono portare il contributo delle proprie competenze, delle proprie esperienze culturali e professionali. Il respiro della vita familiare e sociale, delle passioni e dei sogni degli uomini di oggi, ma anche quello delle domande che abitano il loro cuore e il cuore di coloro che incontrano e ascoltano quotidianamente.
L’esperienza associativa che si vive in Azione Cattolica rappresenta da questo punto di vista una strada maestra per far sperimentare il significato e anche la bellezza della condivisione della responsabilità. La maturazione di uno stile di corresponsabilità, infatti, passa anche attraverso le forme e le regole che l’essere associazione comporta. Facciamo un esempio concreto: tutte le AC del mondo, a tutti i livelli – parrocchiale, diocesano, nazionale – eleggono democraticamente i propri responsabili, che rimangono in carica solo per alcuni anni, dando vita a un ricambio continuo. E tutte le scelte sono prese attraverso momenti di confronto condotti con regole e in organi creati apposta per questo. Non si tratta solo di un aspetto formale, ma di un concreto esercizio di condivisione della responsabilità. Che genera abitudine al dialogo, al confronto, alla discussione, alla collaborazione. E che aiuta a sapersi parte di una realtà più grande, che supera i confini del proprio gruppo, della parrocchia, della stessa associazione.
5. È però chiaro che laici capaci di vivere questa corresponsabilità ecclesiale non “spuntano dal nulla”. Vanno formati, fatti crescere, sostenuti nel loro cammino di discernimento vocazionale e poi accompagnati nella quotidianità dell’esistenza. Per questo in Azione Cattolica si è fatta la scelta di una formazione permanente, che accompagna ogni stagione della vita in maniera differente, e integrale, che coinvolge ogni dimensione della vita del credente e del suo cammino dentro la Chiesa e nel mondo. Una formazione imperniata su un progetto comune a tutta l’associazione, ma scandita in itinerari declinati per le diverse età e concepiti per potersi integrare nei diversi cammini pastorali delle parrocchiale e soprattutto delle diocesi.
Come dicevo all’inizio, infatti, i laici di AC realizzano il proprio cammino, da associati, dentro quello della diocesi, facendo proprie le scelte e gli indirizzi pastorali del Vescovo. Partecipano alla liturgia domenicale e ai momenti di preghiera comunitaria e alla vita parrocchiale. La parrocchia è il loro “ambiente naturale”, perché rappresenta per essi lo spazio in cui «incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti e camminare insieme con tutti», come ci ha invitato a fare Francesco quando lo abbiamo incontrato in Piazza san Pietro.
«Con tutti e per tutti». Non a caso era questo il titolo dell’ultimo Congresso mondiale del Forum Internazionale di AC. Proporre a un laico di vivere l’esperienza di Azione Cattolica vuol dire allora, in una parola, offrire la possibilità di sperimentare la bellezza di un cammino condiviso, in cui sentirsi parte attiva e responsabile di quel «popolo pellegrino ed evangelizzatore» che è la Chiesa, chiamata ad essere «fermento di Dio in mezzo all’umanità» (EG 111-114).