* di Paola Arghenini
Innanzitutto vorrei esprimere un grazie sincero a quanti in questi tempi di emergenza hanno voluto sostenere le iniziative di prossimità con donazioni, aiuti concreti ed interessamento. Di fronte a bisogni immediati è infatti molto importante che ci siano risposte rapide, ma non prive di riflessione e progettualità che si aprano a nuove visioni di futuro. Spesso tali risposte non riescono ad essere esaurienti, sono solo “segni”, ma, se da una parte rappresentano comunque un aiuto concreto importante, dall’altra sono utili ad intercettare le situazioni di necessità e, ancor di più, a non far mancare quella prossimità che supera le distanze e ci fa scoprire ogni giorno l’umanità che ci accomuna.
Viene spontanea qualche domanda: è possibile in questo momento “stare accanto” a chi vive forme di fragilità ed essere testimoni di senso, partecipi delle gioie e delle sofferenze degli uomini d’oggi? Per molte persone questo non è solo un tempo di “emergenza”, è piuttosto un tempo di dolore, di preoccupazione. Per tutti è un tempo di “sfida”, di scelta, di possibilità di trovare altre forme di “contagio di relazioni nuove e buone”. Il distanziamento sociale non deve essere necessariamente un allontanamento umano. Esso può aprire nuove opportunità per accorgersi di chi ha bisogno, per offrire un accompagnamento discreto che possa donare speranza, che dica “non sei solo!”. Forse anche questo riapre il cammino… Alle necessità immediate la Chiesa locale ha cercato di rispondere con prontezza, riattivando ad esempio il Fondo di solidarietà per le famiglie in difficoltà per la perdita o la riduzione lavorativa. Ha cercato di riorganizzare i servizi per assicurare il necessario a quanti già vivevano l’emergenza quotidiana della marginalità. Il “farmaco sospeso”, progetto nato per assicurare a tutti la possibilità di cura a chi era in difficoltà per l’acquisto di farmaci non mutuabili, ha continuato a supportare le famiglie con maggiori fragilità. Nel silenzio la prossimità nelle parrocchie ha fatto sentire la sua voce trovando nuove forme di “connessione” e di attivazione sulle necessità che si presentavano. Anche il progetto APRI (accogliere, proteggere, promuovere, integrare) promosso dalla Caritas Italiana (https://caritas.diocesi.lodi.it), nonostante le difficoltà del momento, ha mosso i primi passi.
Ogni emergenza apre anche a nuove opportunità: quali priorità abbiamo riscoperto in questi mesi? Che tipo di comunità desideriamo? Dai “segni di prossimità” si può ripartire per pensare progettualmente il futuro e soprattutto lo si può fare insieme, responsabilmente, coinvolgendo la comunità, i gruppi parrocchiali, le associazioni, affinché il supporto a chi è in difficoltà sia fatto da reti di persone/famiglie che diventano “reti di fraternità”. Disponibili a stare accanto a chi è in difficoltà, con la necessaria attenzione anche alle politiche sociali e sanitarie, affinché vengano sempre promosse forme di attenzione in grado di non lasciare indietro nessuno. E’ una responsabilità alla quale siamo chiamati se ci sta a cuore la tutela e la dignità delle persone. La “creatività della carità” accompagna, entra in relazione, dona senso a chi la fa e a chi la riceve, nella consapevolezza che nella vita ci troviamo tutti nella condizione di aver bisogno di ricevere. Farsi dono invece, è già una scelta che coinvolge il nostro oggi!