* di Raffaella Rozzi
Quando ad inizio anno la commissione documento ha individuato tre stili con cui abitare il mondo, la Chiesa e l’associazione, ci è sembrato scontato attribuire la prossimità al mondo, la sinodalità alla Chiesa e la fraternità all’associazione, declinando ciascuno nella rispettiva peculiarità. Nei gruppi di confronto all’assemblea, sono state condivise queste modalità, ma si è aggiunto poi, nella votazione del documento, proprio nella fraternità un riferimento più ampio, che travalica i confini dell’associazione, del territorio, per andare oltre l’idea di fratello della narrazione biblica, ovvero la citazione del “Documento sulla fratellanza umana”, sottoscritto ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dal Grande Imam Ahmad Al-Tayyeb, nel febbraio 2019, un segno profetico per lo scorso 16 febbraio, oggi una realtà nell’enciclica “Fratelli tutti”.
Quell’espressione di San Francesco, che mi ricorda le parole pronunciate davanti al sultano Sultano Malik-al-Kamil in Egitto, trasforma il nostro sguardo sulle persone, a partire dall’episodio del 1219 ad oggi. Personalmente sono legata a questa vicenda della vita di San Francesco, ne parlo in classe, partendo dall’opera di Giotto, nel ciclo di affreschi della Basilica superiore ad Assisi, per rendere consapevoli gli studenti che vivono fedi diverse, degli eventi che, non solo li hanno preceduti, ma di cui sono figli, eredi di tali parole, pronunciate o ascoltate. Parole che non restano idee ma diventano realtà nella quotidianità di una classe.
Mentre leggevo le prime pagine della nuova enciclica, è affiorata l’immagine di Papa Francesco durante la preghiera del 27 marzo in piazza San Pietro: lui solo e noi soli nelle nostre case, davanti allo schermo, tutti sulla stessa barca, l’umanità intera su quella barca nella tempesta: abbiamo compreso che la fraternità è la dimensione costitutiva della vita umana nel momento in cui è mancata. Nei mesi successivi, ce ne siamo dimenticati, anzi i fratelli sono diventati gli altri, da cui stare distanti, non solo fisicamente, piuttosto stare separati, richiudendoci in una vita fatta di egoismi e chiusure, all’insegna dello stare “dentro” piuttosto che dell’uscire, del chiudere porte e finestre della vita e del cuore, piuttosto che aprire ed accogliere. Tale dinamica deve essere superata nella vita perso- nale e in quella comunitaria, a partire da ciò che abbiamo vissuto e che ci ha cambiato. Per riprendere il cammino insieme, è necessario essere radicati nel futuro, abitare quegli spazi lasciati vuoti, essere protagonisti di scelte condivise: proprio per questo, l’AC diocesana ha individuato tre attenzioni quali la vita associativa, l’ecologia integrale, le alleanze ed ha iniziato a tracciare un sentiero, con i primi segnali che indicano la direzione ma i prossimi passi sono affidati alle associazioni territoriali, le quali, ac- compagnate dal centro diocesano, faranno scelte concrete di presenze vicine ai fratelli che incontriamo ogni giorno, spesso senza vederli o sentirli. L’Azione Cattolica è viva qui, nel territorio, in rete, per accogliere bisogni e trasformarli in opportunità, per far incontrare domande e risposte, persone che chiedono e persone che donano.
Realizziamo l’invito di Papa Francesco ad abitare il cambiamento, anzi a farci promotori di quel cambiamento che rende nuove tutte le cose, cambiandole da dentro, tessendo relazioni autenticamente fraterne, a partire da noi stessi, per arrivare alla presidenza diocesana, al consiglio diocesano, alle commissioni, ai consigli vicariati, alle associazioni territoriali, a ciascun aderente. Sia proprio la fraternità lo stile che ci contraddistingue in questo tempo!