di Silvia Landra
Può essere innovativa una realtà che compie 150 anni? La sua storia può darci alcuni elementi significativi per rispondere.
Dal 1867, quando l’embrione dell’Azione Cattolica Italiana prende le prime mosse ad opera di due giovani con il nome di Società della Gioventù Cattolica Italiana e con il motto “preghiera, azione, sacrificio”, si susseguono una miriade di vicende politiche e sociali così differenti tra loro da offrire spaccati diversissimi dell’AC, apparentemente divergenti.
Vi sono epoche in cui è numerosissima, visibile e diffusa, ve ne sono altre in cui è ritirata e più incline a silenzio e alla resistenza.
In alcune fasi della sua storia si sviluppa soprattutto negli ambienti della vita dei laici, in altre risulta decisamente preponderante la sua presenza tra gli operatori pastorali, nel servizio alle parrocchie.
Per molti decenni detiene una sorta di primato, unica organizzazione cattolica che si dedica alla formazione di ragazzi, giovani e adulti cristiani, offrendo una formazione spirituale di base, che prepara all’impegno nella storia in forme diverse: nella famiglia, nei luoghi della cultura, al lavoro, nel sociale, nella politica.
Nell’ultimo terzo della sua vita vede la sua struttura profondamente trasformata e impara a convivere con molte svariate forme di aggregazioni laicali che valorizzano i molti carismi di cui è ricca la Chiesa.
Eppure se alla storia dell’Azione Cattolica si guarda cercando un filo rosso, ovvero ciò che non muta nonostante il variare profondo dei contesti, si colgono con stupore delle costanti. Fin da subito, infatti, si presenta come inserita in modo speciale nella chiesa locale, nel segno di un’obbedienza responsabile al Vescovo e al Papa.
Non manca mai di ribadire l’importanza di una permanente formazione della coscienza perché i valori del Vangelo siano tradotti nella vita. Il primato formativo non annulla mai l’operosità di un’associazione che si è sempre espressa attraverso il servizio, dei singoli e dei gruppi, per il bene della comunità cristiana e della società civile.
Ha attraversato le guerre, ha conosciuto la povertà e la fatica di sopravvivere dei suoi aderenti. Ha adottato stili e linguaggi tipici di ogni epoca, cambiandoli sempre radicalmente, ogni volta che il contesto culturale lo chiedeva.
In epoca fascista ha coniato sigle e termini inconfondibili di quel tempo, eppure ha resistito strenuamente alle derive violente e totalitarie, sempre rimettendo al centro il valore di ogni persona. E’ una storia che consegna tanti santi e beati. E’ storia di donne che hanno cominciato un percorso di riscatto e di affermazione esercitando una responsabilità associativa dentro la chiesa che per molte di loro si è poi espressa anche nelle istituzioni della società civile. E’ storia di uomini che hanno governato il paese, diretto le Università, condotto rilevanti battaglie politiche e sociali per il bene comune. E’ storia di bambini e ragazzi che hanno vissuto la chiesa da protagonisti.
Oggi esiste, è presente in quasi tutte le diocesi italiane, è realtà viva anche nella diocesi ambrosiana.
Chi la vive avverte la forza di un dono e si domanda quali sono i passi che deve compiere oggi, quali cambiamenti radicali di struttura, di linguaggio e di proposta deve promuovere per rimanere fedele ai principi fondamentali che si è data e non ha mai tradito.
Soprattutto i soci dell’Azione Cattolica si chiedono cosa significa oggi per l’AC essere la Chiesa in uscita di Papa Francesco e come interpretare creativamente e responsabilmente gli indirizzi pastorali dell’Arcivescovo Angelo che ci hanno spinto non poco a riscoprire il significato della nostra presenza negli ambienti quotidiani del vivere.
Quella dell’AC rimane indubbiamente una storia affidata allo Spirito, non solo frutto degli sforzi di centinaia di migliaia di laici di mantenerla credibile nel corso di quindici decenni.
Ciò non ci esime dal condurre anche oggi un’analisi seria sull’AC, proprio a partire dalla storia, per comprendere se e come continuare ad investire su un laicato formato alla corresponsabilità, appassionato della chiesa ma non assorbito dagli impegni pastorali, obbediente ma non passivo, critico ma non distruttivo.
Ci sembra che oggi serva un’AC ferma nel ribadire l’importanza di laici con un profilo spirituale solido, particolarmente dedicata a favorire dialogo, connessioni tra soggetti diversi, comunione dentro la comunità cristiana.
Ancora questo compito non sembra esaurito. Il suo messaggio e il suo stile riescono ancora ad attrarre dei ragazzi e dei giovani e questo riempie di responsabilità e di speranza.
Ci si accorge tuttavia con grande forza di essere ad uno snodo cruciale di questa storia: nonostante alcune resistenze forti e radicate, è ancora il momento di cambiare strada con grande coraggio, di fare una revisione profonda e di proporsi in modo nuovo.